È il gioco del tira e molla sulle regole. Del ballo sul bordo di una zona arancione che per la Sicilia resta in bilico fino all’ultimo istante, ma che da domani dovrebbe essere ufficiale: con l’indice Rt a un passo dalla soglia critica di 1,5 l’Isola dovrebbe entrare oggi fra le aree a rischio per l’emergenza coronavirus, quelle che non chiudono del tutto ma che almeno fino al 3 dicembre dovranno dire addio ai bar e ai ristoranti ( e anche a tutta una serie di consuetudini come gli spostamenti fra un comune e un altro). È un gioco di limature, però, perché su un fronte il presidente della Regione Nello Musumeci e gli altri suoi colleghi del resto d’Italia resistono fino a sera all’impianto stesso del decreto, ma ottengono una vittoria nel confronto con il governo Conte: a decidere, con un proprio decreto, sarà il ministro della Salute Roberto Speranza, che – « sentito il presidente della Regione » , specifica il decreto – si assumerà così la responsabilità politica di imporre o meno uno stop a migliaia di aziende (e che così facendo sposterà a Roma anche l’onere di eventuali ristori).

La trattativa infinita
È una giornata dalle trattative infinite, quella che porta alla definizione del nuovo Dpcm. Speranza e il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, rinviano di ora in ora il confronto con i governatori, per cercare fino alla fine di definire gli ultimi dettagli del decreto e conoscere la situazione nelle singole regioni: così, fino a sera, fra Roma e Palermo rimbalzano solo orientamenti generali, in attesa di un’analisi di dati sul contagio il più possibile aggiornati. Alla fine la bozza semi-definitiva arriva nel tardo pomeriggio: prevede appunto tre fasce – rossa, arancione e verde – ma non l’indicazione delle caselle nelle quali vanno le singole regioni, che probabilmente saranno ufficializzate soltanto oggi. La valutazione si basa sul fattore Rt – quello che indica la progressione del contagio – ma anche su altri 21 parametri, che includono l’occupazione dei posti letto e la frequenza dei focolai.

Chiusi bar e ristoranti
La Sicilia, in questo scenario, oscilla fra arancione e verde. Fino a sera, comunque, l’orientamento è inserirla fra le regioni arancioni: così resterebbero aperti i negozi, ma chiuderebbero bar e ristoranti (che invece nelle zone verdi lavorano fino alle 18). Stop anche a pub, gelaterie e pasticcerie, ma rimarrebbero attive le mense, oltre a tutta la ristorazione con consegna a domicilio. Via libera anche all’asporto, ma solo fino alle 22 e con il divieto di consumare sul posto o nelle vicinanze del locale. Fanno eccezione gi autogrill, i punti di ristoro degli ospedali e gli aeroporti. Scatterebbe inoltre il divieto per « ogni spostamento con mezzi di trasporto pubblici e privati in un comune diverso da quello di residenza » salvo esigenze di lavoro, studio, salute e necessità. Invariato il modello sulle scuole: la didattica a distanza si applicherebbe obbligatoriamente alle sole scuole superiori, con la possibilità di proseguire invece in presenza fino alla terza media. Salvi, invece, parrucchieri e centri benessere, mentre – come del resto in tutte le regioni – arriva lo stop per musei e mostre, la chiusura dei centri commerciali nei weekend e il coprifuoco alle 22.

Allarme Sicilia
Intanto l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali lancia l’allarme Sicilia: il report di ieri fotografa una situazione dei posti letto al limite della saturazione sia per quanto riguarda le terapie intensive che per la cosiddetta “area non critica”, cioè i reparti di Malattie infettive, Pneumologia e Medicina generale. Con gli aggiornamenti diffusi ieri dall’Istituto superiore di sanità – un saldo di 55 ricoverati e 8 pazienti intubati in più – la Sicilia è arrivata al 25 per cento di occupazione delle rianimazioni (a un passo dalla soglia di pericolo indicata a quota 30) e al 33 per cento di riempimento dei letti per i pazienti meno gravi, con un dato anche in questo caso vicinissimo al livello di allerta ( fissato in questo caso al 40 per cento). In compenso, su questo fronte l’Isola non è fanalino di coda in Italia: ben 9 regioni sono già oltre la soglia di guardia per le terapie intensive e sei per la degenza ordinaria.

Fonte: LaRepubblica