Il covid ha fatto invecchiare precocemente il cervello dei bambini

Scritto da on 3 Dicembre 2022

I continui lockdown dovuti al Covid-19 hanno reso prematuramente più vecchio il cervello degli adolescenti di almeno tre anni.  Sono i cambiamenti osservati nei bambini che hanno affrontato stress cronico e avversità quotidiane durante la pandemia rivelati da uno studio di cui parla il Washington Post.  Pubblicato giovedì su Biological Psychiatry Global Open Science, lo studio è il primo a raffrontare le scansioni delle strutture fisiche del cervello degli adolescenti prima e dopo l’inizio della pandemia e a documentarle le differenze significative, secondo il suo autore, Ian Gotlib, professore di psicologia alla Stanford University.

I ricercatori sono partiti dal sapere che gli adolescenti avevano “livelli di depressione, ansia e paura” più alti rispetto a prima della pandemia, “ma non sapevamo nulla degli effetti diretti sul loro cervello”, ha commentato il professor Gotlib. Inizialmente i ricercatori hanno pensato che vi potessero essere solo delle correlazioni, ma poi hanno constatato di quanto queste fossero forti.

E se ne sono resi conto confrontando le scansioni Mri di un gruppo di 128 bambini, metà effettuate prima e metà alla fine del primo anno di pandemia, riscontrando una crescita nell’ippocampo e nell’amigdala, due aree del cervello che rispettivamente controllano l’accesso ad alcuni ricordi e aiutano a regolare la paura, lo stress e altre emozioni. E verificando al tempo stesso un assottigliamento dei tessuti nella corteccia, che è coinvolta nel funzionamento esecutivo. Cambiamenti che avvengono durante il normale sviluppo adolescenziale, sottolineano i ricercatori, anche se la pandemia sembra averne accelerato il processo, afferma Gotlib. In ogni caso, l’invecchiamento precoce del cervello dei bambini non testimonia uno loro sviluppo normale.

La fotografia della situazione pre-pandemica nei cervelli degli adolescenti, scrive il Post, “proviene da uno studio longitudinale che il team di Gotlib ha iniziato otto anni fa, con l’obiettivo di comprendere meglio le differenze di genere nei tassi di depressione tra gli adolescenti”. In quest’ambito, i ricercatori hanno reclutato 220 bambini dai 9 ai 13 anni, per eseguire scansioni Mri del loro cervello ogni due anni e “mentre stavano raccogliendo la terza serie di scansioni, la pandemia ha interrotto tutte le ricerche dei soggetti da sottoporre a check a Stanford, impedendo agli scienziati di raccogliere dati sulle scansioni cerebrali da marzo 2020 fino alla fine di quell’anno”.

Così, mentre s’interrogavano su come giustificare l’interruzione, gli scienziati hanno visto l’opportunità di indagare su una questione diversa: in che modo la pandemia stessa potrebbe aver influito sulla struttura fisica del cervello dei bambini e sulla loro salute mentale. “Ciò ci ha permesso di confrontare i sedicenni prima della pandemia con diversi sedicenni valutati dopo la pandemia”, ha affermato Gotlib.

La conclusione? “Per me è che ci sono seri problemi tra la salute mentale e i bambini rispetto alla pandemia”, ha dichiarato il professor Gotlib, “e solo perché si è attenuta non significa che stiamo meglio”.


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