Tra pochi anni utilizzeremo un ‘Google Translate’ per animali

Scritto da on 21 Gennaio 2023

Tra massimo 20 anni potremo chiacchierare con il cane, cantare con le balene, rispondere a un ruggito. Insomma dialogare – davvero – con gli animali non è più fantascienza. Karen Bakker, docente dell’Università della British Columbia, non ha dubbi: la svolta è dietro l’angolo, grazie ai progressi compiuti dall’intelligenza artificiale. “Non possediamo ancora un dizionario del capodoglio, ma ora abbiamo gli ingredienti per crearne uno”, ha affermato Bakker nel suo libro “The Sounds of Life” citato dal Financial Times in un lungo articolo sul tema. Lo strumento che immaginano gli scienziati sarebbe una sorta di “Google translate per lo zoo”.

Mentre l’IA fa passi da gigante, Bakker avanza l’allettante possibilità di una comunicazione interspecie. Di più. Ne stima anche i tempi: nei prossimi due decenni gli esseri umani utilizzeranno le macchine per tradurre e replicare i suoni degli animali.

Questa rivoluzione sonora è stata innescata dai progressi dell’hardware e del software. Microfoni e sensori economici, resistenti e di lunga durata oggi vengono attaccati agli alberi in Amazzonia, alle rocce nell’Artico o alla schiena dei delfini, consentendo un monitoraggio in tempo reale. Questo flusso di dati bioacustici viene poi elaborato da algoritmi di apprendimento automatico, che possono rilevare modelli nei suoni naturali infrasonici (a bassa frequenza) o ultrasonici (ad alta frequenza), non udibili dall’orecchio umano.

Ma, sottolinea Bakker, questi dati hanno senso solo se combinati con le osservazioni umane sui comportamenti naturali ottenute grazie al minuzioso lavoro sul campo dei biologi o all’analisi in crowdsourcing dei dilettanti. Ad esempio, Zooniverse, l’iniziativa di ricerca citizen science in grado di mobilitare più di un milione di volontari, ha contribuito a raccogliere tutti i tipi di dati e di set di addestramento per i modelli di apprendimento automatico. “La gente pensa che l’intelligenza artificiale sia una polvere magica da spargere su tutto, ma in realtà non è così che funziona”, afferma Bakker. “Stiamo usando l’apprendimento automatico per automatizzare e accelerare ciò che gli esseri umani stavano già facendo”.

Questi progetti di ricerca hanno portato anche ad alcune ricadute pratiche e commerciali. Gli studi sulla comunicazione delle api hanno ispirato gli scienziati del Georgia Tech a creare un algoritmo di “mente alveare” per ottimizzare l’efficienza dei server nei centri Internet.

I crittografi hanno studiato i ronzii, i clic, gli scricchiolii e i cigolii delle balene per capire se il loro “codice Morse bionico” possa essere imitato per criptare le comunicazioni.

I sistemi di apprendimento automatico che monitorano i microfoni delle foreste pluviali sono in grado di rilevare i suoni delle seghe e le grida degli animali in preda al panico.

Secondo Bakker, per l’uomo il livello di comprensione scientifica potrebbe essere al momento esaurito, e ciò significa che dobbiamo svilupparne uno nuovo. Quale? Per esempio, “l’intelligenza artificiale che utilizza l’apprendimento automatico per esplorare specifici set di dati di nuova creazione – derivati da immagini satellitari, dal sequenziamento del genoma, dal rilevamento quantistico o da registrazioni bioacustiche – ed estendere le frontiere della conoscenza umana.

I microfoni onnipresenti e i modelli di apprendimento automatico ci permettono di ascoltare suoni che altrimenti non potremmo sentire. “L’acustica è la nuova ottica”, sostiene Karen Bakker, con un riferimento alla rivoluzione scientifica avviata dal microscopio. La Natura ci parla, e tra non molto potremo origliare uno stupefacente paesaggio sonoro di “conversazioni” planetarie tra pipistrelli, balene, api da miele, elefanti, piante e barriere coralline.


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