Covid-19 e Università: allarme crollo matricole, si perderanno 35 mila studenti

Scritto da on 24 Aprile 2020

Covid-19 e Università: allarme crollo matricole, si perderanno 35 mila studenti

Lo studio di Talents Venture sui possibili flussi e sulle scelte degli Atenei di tenere la didattica a distanza per il prossimo anno accademico

Potrebbe essere un tracollo, in termini di nuove immatricolazioni. Secondo le stime fatte dall’Osservatorio Talents Venture (società di consulenza specializzata nell’istruzione universitaria) se si dovessero avverare le previsioni del Fondo monetario internazionale sulla contrazione del 9,1% del Pil a causa del Coronavirus allora anche il numero di studenti iscritti all’anno accademico 2020/2021 calerebbe drasticamente: meno 11%, 262 mila immatricolazioni anziché 297 mila come in questo anno accademico 19/20, 35 mila studenti persi e un danno per gli atenei di 46 milioni solo considerando il venir meno delle rette e non anche tutto l’indotto.

La paura dei fuorisede

Un disastro culturale ma anche economico con ripercussioni sul Paese anche in termini di livelli d’istruzione. L’Osservatorio ha indagato le future tendenze partendo da due considerazioni: l’emergenza sanitaria, che per disposizioni governative o per scelta personale limiterà la propensione a spostarsi per studiare e, secondo fattore, l’emergenza economica che indurrà le famiglie a risparmiare. Potrebbero perciò risentire maggiormente di questa crisi gli Atenei che accolgono più studenti fuori sede (nell’anno 2018/2019 il 22% di tutti gli immatricolati) e le famiglie economicamente più fragili. Considerando come criterio di studio una quota di immatricolati fuori sede superiore al 50% e pari ad almeno 100 studenti le perdite maggiori le subirebbero l’Ateneo di Ferrara, con oltre 4.000 studenti che arrivavano da fuori corrispondenti al 67% del totale, poi la Bocconi di Milano con 1.800 fuori sede (68% del totale) e l’Università di Trento con quasi 1.700 immatricolati (61%). Seguono a Roma Link Campus e Humanitas.

I pendolari

Numeri che avrebbero un impatto sui corsi scelti e, in prospettiva, sulle professioni future. Gli studenti scelgono altre Regioni principalmente per seguire Medicina e Chirurgia (circa il 40% si immatricola fuori sede) oppure Biotecnologie e Scienze delle attività motorie e sportive (38% per entrambi). Discorso apposto, invece, per corsi più «stanziali», come Conservazione dei beni culturali (si sposta solo il 6%). Interessanti sarebbero, così, anche i flussi territoriali. Per esempio ne risentirebbero Trentino, Molise ed Emilia Romagna, che accolgono le quote maggiori di immatricolati residenti in altre Regioni, mentre realtà come la Basilicata che sono (erano?) per lo più «esportatrici» di studenti potrebbero cambiare politiche. E’ lecito infatti aspettarsi che gli Atenei del Sud e delle Isole, da dove partono la maggior parte degli immatricolati, cercheranno di rendersi più attrattivi nei confronti dei ragazzi più titubanti a muoversi.

Il boom delle università telematiche

Discorso a parte meritano gli studenti stranieri: i Politecnici di Milano e Torino e l’Ateneo statale di Firenze, per esempio, accolgono il 48% degli studenti cinesi in Italia. Gli atenei telematici potrebbero diventare, come si dice, the new normal, la nuova normalità. Negli ultimi 10 anni la loro crescita è stata continua, gli immatricolati aumentano ad un tasso medio annuo del 13%. Così, per fronteggiare l’emergenza anche delle università tradizionali, per l’Osservatorio le risposte possibili sono due: puntare su didattica e classi digitali e poi l’istituzione di un «reddito di istruzione» che permetta a tutti agli studenti di iscriversi a costo zero (esonero completo dalle tasse) e ricevere risorse aggiuntive come borse di studio in casi particolari, per esempio il trasferimento in altre città.

Fonte: CorriereDellaSera


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